Di Raffaele Merlini
Grottammare 1928 – La notte in cui la collina travolse il treno
La notte tra il 9 e il 10 maggio 1928, poco prima delle 22, la collina costiera tra Cupra Marittima e Grottammare, in località Le Lame, cedette improvvisamente dopo settimane di piogge torrenziali.
Un’enorme massa di oltre mezzo milione di metri cubi di fango e argilla scivolò lungo il versante, trascinando con sé alberi, muretti, due case coloniche e parte della vecchia Strada Aprutina, per poi rovesciarsi sulla ferrovia Adriatica e spingersi fino al mare per più di cento metri.
In quel momento stava transitando il treno accelerato n. 1785 Ancona–Pescara, una locomotiva Gr. 682.013 con tre carrozze passeggeri.
Il macchinista e il fuochista riuscirono a salvarsi frenando d’istinto; il frenatore morì schiacciato.
La frana investì la coda del convoglio e lo trascinò di traverso sui binari, mentre il buio si riempiva del rumore del ferro e del fango.
Le parole dei testimoni, raccolte dal geometra Pasquale Perozzi, parlano di “una valanga di terra e massi che sbarra la via, coprendo le lucide guide d’acciaio e travolgendo ogni cosa nel fragore di un tuono”.
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Diciannove vite perdute
All’alba i soccorritori trovarono una scena spettrale.
Il bilancio ufficiale, confermato oggi dagli studi del CNR e da Giuseppe Buscemi, parla di 19 morti e circa 30 feriti.
Tra le vittime c’erano cinque passeggeri del treno, diversi ferrovieri e gli abitanti delle due case coloniche sepolte: la famiglia Cannella e quella del dottor Basilio Mercolini di Offida.
Furono ritrovate, raccontano le cronache, Maria Novelli in Cannella e la figlia abbracciate, strette nel fango.
Per cinque giorni la circolazione ferroviaria fra Marche e Abruzzo rimase interrotta.
Cento soldati del 225° Reggimento Fanteria, tecnici del Genio Civile di Ascoli e volontari locali scavarono senza sosta per liberare i binari e recuperare le salme.
Il sottosegretario ai Trasporti on. Alessandro Martelli, geologo, giunse sul posto la mattina dell’11 maggio per coordinare gli interventi.
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Il silenzio dei giornali
Il giorno seguente, il Corriere Adriatico titolò:
> «Una grossa frana tra Cupra Marittima e Grottammare. Quattro case sepolte. L’urto di un treno viaggiatori. Morti e feriti.»
Ma la maggior parte della stampa nazionale — compresa la Domenica del Corriere — preferì parlare solo di “disastro ferroviario” e di “lavori di sgombero”, senza citare i morti.
Il regime imponeva di mostrare l’efficienza, non il dolore.
La tragedia di Grottammare divenne così un’immagine muta: un treno piegato dal fango, ma nessun volto, nessun nome.
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La verità negli archivi
Nel 1929 Perozzi pubblicò a Grottammare un piccolo volume, La frana avvenuta tra Grottammare e Cupramarittima la notte del 9-10 maggio 1928, in cui descrisse con rigore tecnico la dinamica, la portata e il bilancio reale dell’evento.
Quel testo, dimenticato per decenni, è stato riscoperto grazie agli studi di Buscemi (2023) nel volume 160 anni in treno fra Ancona e Pescara della Fondazione Pescarabruzzo, che ha incrociato i registri ferroviari e gli articoli de La Stampa e del Corriere Adriatico.
Ne emerge un quadro definitivo: una delle peggiori frane ferroviarie del Novecento adriatico, con diciannove morti e un versante completamente rimodellato.
Il CNR-IRPI, nella scheda AVI n. 100990, conferma:
> «Evento del 10 maggio 1928, ore 22:00, località Le Lame. Massa ≈ 500 000 m³, estensione 500 × 200 m, penetrazione in mare 100 m. 19 vittime, circa 30 feriti, interruzione traffico 5 giorni.»
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Dopo la tragedia
Il Ministero dei Lavori Pubblici avviò subito un vasto programma di consolidamento del colle: muri di sostegno, drenaggi e rimboschimenti che modificarono per sempre il profilo di Grottammare alta.
La vecchia Strada Aprutina fu ricostruita più in basso, sul tracciato che diventerà poi la SS 16 Adriatica.
Per anni, quel tratto fu chiamato “il piano dei morti”.
Un altarino votivo ricordava le famiglie travolte: oggi non esiste più, ma la memoria di quella notte riaffiora ogni volta che la pioggia batte sui pendii e il mare torna torbido.
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La memoria ritrovata
Quasi un secolo dopo, la frana del 10 maggio 1928 non è più soltanto una data negli archivi.
È una storia di vite cancellate e riscoperte, di una verità sepolta e poi restituita.
Sedici, diciannove, forse più persone: uomini, donne, bambini, ferrovieri.
Nessuna di loro ebbe un funerale pubblico, nessuna lapide.
Oggi la ricerca storica ne ha riacceso i nomi, e con essi la dignità.
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Il battito della memoria
Come appassionato di storia locale, non riesco a leggere quelle carte senza provare un misto di rabbia e commozione.
È scandaloso pensare che per quasi un secolo si sia parlato solo di binari divelti e non di vite spezzate.
Eppure, dietro quei numeri, ci sono volti, famiglie, voci.
La storia serve a questo: a restituire umanità dove la cronaca aveva messo censura.
Grottammare, quella notte del 1928, perse non solo un treno, ma una parte della sua anima.
Ricordarli oggi non è un gesto di pietà, ma di giustizia storica.
Perché la memoria, per essere vera, deve avere il coraggio di guardare anche dove la luce non arriva.
E ora, finalmente, quella luce è tornata a illuminare il buio di quella notte. 🌹
(Raffaele Merlini)
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✅ Fonti documentarie verificate
Giuseppe Buscemi, 160 anni in treno fra Ancona e Pescara, Fondazione Pescarabruzzo 2023
Pasquale Perozzi, La frana avvenuta tra Grottammare e Cupramarittima la notte del 9-10 maggio 1928, Grottammare 1929
CNR-IRPI – Progetto AVI, scheda n. 100990
Corriere Adriatico, 11 maggio 1928
La Stampa, 11-12 maggio 1928
Archivio Storico Comunale di Grottammare
ArcheoCupra.it – sezione “Storia e territorio”

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