“Amandola” di Settimio Virgili e Mario Antonelli: per conoscere la storia di uno dei borghi più belli dei Sibillini, tra curiosità, profanazioni, archeologia e antichi banchetti piceni

 Di  

Susanna Faviani



Che cosa hanno in comune un medico e un professore? 

Mario Antonelli e Settimio Virgili oltre ad aver svolto egregiamente le proprie professioni, in comune hanno l’amore e lo studio del territorio. 

Hanno scritto molti libri, anche nella serie dei “Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile” di Fermo, su personaggi piceni che solo pochi conoscono, saggi storici e volumi sulla storia di Comunanza, Carassai, ora Amandola e tanti borghi piceni da scoprire. 


Il volume : “Amandola storia di un comune di 212 pagine, spazia dai piceni, ai romani, alle Chiese cittadine, ben otto,  più due monasteri femminili e ben diciotto chiese rurali. Si parla di arte, affreschi, monumenti, banditismo, di personaggi significativi di varie epoche.. in pratica vi si può evincere che la “Storia grande” sia fatta di tante “Storie piccole”, non sempre scontato a sapersi. 

La vita minore di un borgo, quello di Amandola, tra i più belli d’Italia, incastonato nel mezzo dei monti Sibillini, ci appare mirabolante e non esente a sconvolgimenti “italiani”, come se nel piccolo, si fosse ripetuta la storia "Grande".

Così scopriamo che sono documentati gli scontri e le schermaglie tra Amandola e i paesi vicini: Monte Passillo, Sarnano, San Ginesio, Monte San Martino a cavallo tra ‘300 e ‘400. Interessantissima la sezione sulle Chiese dicevamo e soprattutto quella dei Monasteri, sia in paese, che in campagna.

Tristemente suscita indignazione la profanazione del Convento di Sant’Agostino ad opera dei giacobini francesi sul cadere del 1788. Fu, nell’occasione, scardinata la serratura dell’urna con le spoglie del Beato Antonio. I soldati rubarono gli ex voto preziosi custoditi all’interno: Una corona d’argento ed i sacri cuori degli ex voto.

 Il gesto più deprecabile e blasfemo, fu accanirsi contro i resti del Beato, tirar fuori la mummia dalla teca, metterla in piedi accanto al pulpito, spogliarla della tunica e poi vestirla con un drappeggio rosso fuoco, poi bruciacchiarlo col fuoco delle fiamme delle candele accese, deridendo il Beato Antonio.

 Nella stessa occasione della profanazione delle spoglie, i soldati giacobini – come riferito da due testimoni – strapparono breviari, messali ed altri testi di liturgia religiosa. Tutto ciò che poteva essere rivenduto e fruttare soldi, fu rubato e Amandola tutta pianse lacrime amare, per la terribile spoliazione subita.

Nel volume è molto interessante anche la sezione dedicata alla Storia dell’Arte e all’Archeologia amandolese. 



Si parla del noto “Dinos” o “Deinos” greco “con protome leonina”, attualmente conservato nella sala n.16 della Sezione protostorica del Museo Nazionale di Ancona. 


Il Dinos venne ritrovato a fine ‘800 in località Taccarelli o “Le Piane”, vicino ad Amandola. 

Serviva per contenere vino miscelato con acqua nei banchetti ma a volta veniva anche usato per conservare olii e unguenti o come corredo funerario di lusso, per evidenziare l’alto rango del defunto.



Un libro bello, interessante, questo di “Amandola” di Settimio Virgili e di Mario Antonelli, da leggere tutto d’un fiato per conoscere il nostro territorio e il nostro passato, in funzione del presente e con la consapevolezza del futuro.

 

 

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