La Dea che modellò un territorio: Cupra tra Piceni, Umbri e Romani

 Di Danila Monteleone 


Gli abitanti del nostro territorio conoscono già il Santuario della Dea Cupra, testimoniato dalle vestigia romane conservate nel Parco Archeologico Naturalistico “Civita” di Cupra Marittima. Ma non tutti sanno che il culto di questa divinità ha origini molto più antiche e una diffusione sorprendentemente ampia.

Nell’Italia preromana, infatti, accanto al santuario piceno—la cui collocazione originaria è tuttora oggetto di studio—esistevano almeno altri due grandi centri di culto dedicati a Cupra nel territorio degli Umbri: Fossato di Vico e Plestina, l’area dell’attuale altopiano di Colfiorito.

Sebbene le tradizioni religiose umbre e picene presentino differenze anche profonde, la figura di Cupra appare ovunque con alcuni tratti comuni:

è dea della fertilità, della femminilità, della protezione, spesso collegata alle acque, alle sorgenti e alle forze rigenerative della natura. Non è sovrapponibile a nessuna grande dea greca o romana, pur condividendo con esse alcuni aspetti: non è Demetra, non è Hera, non è Afrodite. Cupra è qualcosa di più antico, radicato nel paesaggio e nella memoria delle comunità che l’hanno venerata. 


Il culto di Cupra Plestina, pur meno noto e meno riccamente documentato di quello piceno, restituisce suggestioni fortissime.

A soli 200 metri a nord dell’attuale chiesa di Santa Maria di Plestia sorgeva un santuario attivo già nel V–IV secolo a.C.. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce una stipe votiva colma di offerte: bronzetti di offerenti e guerrieri, figure antropomorfe e teriomorfe, oggetti rituali… e soprattutto lamine bronzee recanti dediche alla dea, la prova diretta del culto.

La presenza del santuario era così radicata da modellare la topografia del territorio per secoli. 

Quando, dopo il III secolo a.C., prende forma la città romana di Plestia, la sua organizzazione urbanistica rispetta l’antico luogo sacro: gli assi viari vengono impostati mantenendo un rapporto visibile con il santuario, collocato appena oltre il limite nord dell’abitato.

La nuova città non cancella il culto: lo ingloba nella sua identità, riconoscendone l’autorità simbolica.

La posizione del santuario non era casuale: dominava l’altopiano e si trovava in un punto strategico, nodo naturale delle vie transappenniniche che collegavano Umbria e Adriatico.

Era, contemporaneamente, luogo sacro e punto di riferimento territoriale, spazio di devozione e crocevia di relazioni tra comunità.

Anche dopo la romanizzazione e la trasformazione di Plestia in municipium, Cupra rimase una presenza viva, pur adattandosi ai nuovi contesti politici e rituali.

Il santuario plestino, insieme a quelli piceni e a quello di Fossato di Vico, dimostra che Cupra non era solo una dea locale, ma una divinità adriatica e appenninica, capace di superare confini culturali e geografici.

Un ponte simbolico tra Umbri e Piceni, tra interno montano e costa, tra mondo preromano e tradizione romana.

Oggi, mentre camminiamo tra le case sparse dell’altopiano di Colfiorito o lungo i resti monumentalizzati di Cupra Marittima, percepiamo solo in parte la forza simbolica che questa dea esercitò per secoli sulle comunità dell’Italia centrale.

Eppure, i votivi deposti nelle stipi, le dediche incise sul bronzo, l’allineamento stesso delle strade ci parlano ancora di lei: di una divinità capace di accompagnare gli uomini dalla nascita alla morte, dai passaggi stagionali ai cambiamenti storici più profondi.

La Cupra degli Umbri e dei Piceni non è una figura remota: è una testimonianza concreta della nostra storia più antica, di un paesaggio sacro che continua a vivere sotto i nostri passi.

Riscoprire i suoi santuari significa riscoprire noi stessi, il legame fra uomo e territorio, la continuità delle comunità attraverso il tempo. 


               ( Danila Monteleone Archeologa) 

Foto: 

Museo di Colfiorito. In prima pagina: Chiesa di Santa Maria di Plestia. 

Ph : D. Monteleone 


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