Di Raffaele Merlini
SANTA LECÌ (lu dì se llunga) – LA FESTA ANTICA di San Benedetto del Tronto
(A Santa Lucia il giorno si allunga un passo di pulcino)
Mi si perdoni se nella resa dialettale ci fosse qualche oscillazione: il sambenedettese cambia da contrada a contrada. Ma quel proverbio – “A Santa Lecì lu dì se llunga nu pass' de pecì” – è uno dei più antichi e suggestivi del nostro territorio.
Il 13 dicembre si celebra Santa Lucia, la martire siracusana che, secondo la tradizione, portava cibo ai cristiani nascosti nelle catacombe illuminandosi il cammino con una corona di candele.
Una data che la memoria popolare ha sempre collegato al giorno più corto dell’anno: non per errore, ma perché prima della riforma del calendario gregoriano il solstizio cadeva proprio attorno a quel giorno, dando vita all’idea che “il giorno ricomincia ad allungarsi”.
Il culto di Santa Lucia non è locale, né regionale: è transnazionale, radicato da sud a nord, dal Tirreno all’Adriatico, fino alla Dalmazia e addirittura alla Svezia, dove le ragazze sfilano in bianco con la corona di candele.
Perfino Dante, nella Divina Commedia, le affida il compito di illuminare il cammino dell’uomo verso Dio.
Le tradizioni sambenedettesi del 13 dicembre
A San Benedetto, come in molte aree marinare del medio Adriatico, a Santa Lucia si osservavano rigidi tabù domestici.
Era assolutamente vietato cucire: non solo le sarte, ma anche le donne delle paranze dovevano lasciare riposare ago e filo. I parroci stessi vietavano di rammendare le vele, convinti che quel giorno l’ago potesse “ritorcere” la vista e provocare cecità.
Una credenza che si rifletteva anche nelle donne incinte, cui era proibito maneggiare coltelli o forbici: strumenti che, secondo la tradizione, “rubavano la luce” e potevano portare malanni al nascituro.
Fino agli anni ’30 del Novecento, queste regole erano osservate con una serietà assoluta.
**Quando nasce davvero il culto?
Le radici sono profondissime
Santa Lucia cristianizzò e sancí un culto ancora più antico, legato al ciclo del raccolto e quindi della luce e anno solare.
Il 13 dicembre, ab immemore infatti, era il giorno in cui:
si accendevano candele e falò,
si invocava il ritorno della luce invernale..
Le città che veneravano Lucia come patrona (Sicilia, Puglia, aree siracusane) appartenevano spesso a zone di colonizzazione greca.
**Come arriva tutto questo nel Piceno?
Greci, Siculi, Liburni e Piceni: un crocevia millenario.**
Per capirlo bisogna tornare all’epoca di Plinio il Vecchio, che nella Naturalis Historia descrive le popolazioni della zona oggi corrispondente al Piceno meridionale.
Nella valle del Tronto convivevano:
Liburni, provenienti dall’Illiria;
Siculi, di origine siracusana;
Piceni, guidati dal leggendario picchio di Marte;
e, secondo Strabone, influssi greci consolidati in città come Ancona e Numana.
Le popolazioni si mescolarono, condivisero simboli, riti e feste stagionali.
Un’interpretazione già proposta nell’Ottocento da Gabriele De Rosa nel suo saggio sulle origini picene pubblicato su “La Rivista Contemporanea Nazionale”.
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la FIERA DI SANTA LUCIA del 1841 a San Benedetto del Tronto **
1939: Pasqua nella Chiesa di Santa Lucia a San Benedetto del Tronto
La tradizione sambenedettese non si basa solo sul racconto orale.
Esiste un documento preciso: un manifesto tipografico del 1841, stampato dalla Delegazione di Ascoli, che elenca le fiere ufficiali del territorio.
In corrispondenza del 13 dicembre, troviamo:
“San Benedetto – FIERA DI SANTA LUCIA”
La localizzazione è la nostra celebre chiesetta di Santa Lucia, sul colle, quella che compare nelle fotografie degli anni ’30 e nelle immagini delle processioni pasquali: un luogo isolato, raggiunto da pellegrinaggi, mercati e raduni comunitari.
La fiera era dunque istituzionale, riconosciuta, frequentata da tutta la comunità sambenedettese.
Perché proprio a San Benedetto?
Perché la nostra città, più di altre, ha sempre vissuto sospesa tra:
il ritmo della luce e del il ritmo della luce e del buio, fondamentale per la pesca;
l’eredità culturale delle popolazioni adriatiche;
le tradizioni rurali e marinare;
una memoria rituale che unisce mare e campagna.
Santa Lucia, qui, non era soltanto una devozione: era una continuità millenaria tra riti agrari, cicli solari e vita quotidiana della gente di mare.
Su queste basi culturali, si promuoverà ad hoc il culto della giovane martire cristiana Lucia: dunque un filo ininterrotto di tre millenni.
Non è un caso se San Benedetto conserva ancora – nella chiesetta, nelle foto d’epoca, nelle fiere, nei divieti domestici – una memoria così viva.
Quando diciamo “Santa Lecì”, celebriamo:
un incontro antico tra popoli dell’Adriatico,
un pezzo profondo della nostra identità sambenedettese.
Un giorno che da sempre segna il ritorno della luce:
un passo di pulcino che diventa un passo di memoria.



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