Echi d’Egitto nelle Marche: Il mistero degli oggetti egizi al Santuario del Santissimo Crocefisso

La nostra archeologa Dott.ssa Danila Monteleone ci parla dell'egittizzazione sopraggiunta al cadere del mondo romano, come è cambiata l'iconografia e la miscellanea di influssi religiosi circolanti all'epoca, riscontrabile negli idoletti, di cui vi è una interessantissima rappresentanza nel Museo Archeologico di Ripatransone (AP) : 

Echi d’Egitto nelle Marche: Il mistero degli oggetti egizi al Santuario del Santissimo Crocefisso

Di Danila Monteleone

 

Nel cuore delle Marche, immerso in un paesaggio che unisce spiritualità e natura, sorge il Santuario del Santissimo Crocefisso. Ma pochi immaginano che questo luogo sacro conservi tracce sorprendenti di un passato remoto, dove l’eco delle rive del Nilo ha risuonato fino all’Adriatico. Un contesto religioso moderno svela infatti un legame con l’antichità egizia, celato tra amuleti, simboli e antiche pratiche cultuali.

Durante scavi e ricerche archeologiche condotte nell’area del santuario, sono emersi oggetti cosiddetti “egittizzanti”: manufatti che, pur non provenendo direttamente dall’Egitto, imitano in maniera evidente lo stile e i simboli della civiltà dei faraoni. Si tratta spesso di piccoli amuleti in faïence, scarabei, raffigurazioni della dea Iside o di divinità sincretiche come Serapide, e oggetti con significato magico o apotropaico.

Questi ritrovamenti non sono isolati, ma si inseriscono in un più ampio fenomeno che coinvolge diverse località marchigiane – da Ancona a Urbs Salvia – e che testimonia la diffusione dei culti egizi, soprattutto nel periodo romano. Il culto di Iside, in particolare, godeva di grande popolarità per la sua promessa di salvezza personale e resurrezione, elementi che ben si integravano con il bisogno spirituale delle comunità italiche.

Nel caso del Santissimo Crocefisso, l’ipotesi degli studiosi è che l’area sacra fosse frequentata già in epoca antica, forse con funzioni religiose legate a culti orientali. Alcuni elementi decorativi, come i motivi floreali di tipo nilotico o le forme architettoniche tipiche degli isidei, fanno pensare a una continuità o a una sovrapposizione di significati religiosi nel corso dei secoli. 


Cosa spingeva le popolazioni delle Marche ad accogliere elementi della cultura egizia? In parte, l’attrazione per l’esotico e il misterioso, in parte l’integrazione commerciale e culturale con il Mediterraneo orientale, particolarmente intensa in epoca romana. Oggetti egizi potevano fungere da talismani, segni distintivi di status o testimonianze di una fede personale rivolta a divinità straniere ma affascinanti.

Oggi, passeggiando nei pressi del santuario, è possibile percepire questa stratificazione storica. La devozione cristiana e quella pagana non si escludono, ma sembrano dialogare nel tempo, lasciando tracce materiali e spirituali che ancora interrogano studiosi e visitatori.

Il Santuario del Santissimo Crocefisso si rivela così non solo un luogo di preghiera, ma anche una finestra aperta sul misterioso viaggio delle idee, dei simboli e degli oggetti che hanno attraversato il Mediterraneo per arrivare fino a noi.


Le foto sono della facciata del SS Crocefisso a Treia, Un frammento decorativo a palmette in stile egittizzante rinvenuto sempre dall'area del Santuario e degli Ushabti di epoca romana, provenienti dal Museo Archeologico di Ripatransone. Ph: Danila Monteleone 

Che cosa significa "USHABTI"? in egizio significava "Quelli che rispondono", sono delle statuine indispensabili nel corredo funebre (NDR). 👇    \






 

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