Quarta parte : Le vicende del porto tra Ottocento e Novecento: declino, rinascita e morte della marineria grottammarese, il progetto dell’Ing. Ulisse Guarducci
Quarta parte ed ultima :
Le vicende del porto tra Ottocento e Novecento: declino, rinascita
e morte della marineria grottese, il
progetto dell’Ing. Ulisse Guarducci
Di Carminio Spinucci
Secondo una diffusa
interpretazione, durante il primi due decenni
dell’Ottocento si ha un certo declino dell’antica marineria locale. Sin dal primo decennio dell’Ottocento, alcune famiglie “straniere” (Comi, Fenili), impiantano sul nuovo incasato di Grottammare diversi opifici, come le fabbriche di cremore di tartaro, di succo di liquirizia, di potassa purificata e olio di lauro, produzioni queste che, insieme ai regolari traffici di sale e di agrumi, riavviano a poco a poco il commercio marittimo. Tuttavia sarà dal 1825 in poi che questo commercio assumerà un valore rilevante, cioè quando il conte Francesco Paccaroni di Fermo attiverà a Grottammare una grandiosa raffineria di zuccheri: “Già una raffineria di zuccheri, unica nel nostro Stato, ed altre fabbriche son da più anni in attività. Si sono aperti ricchi fondachi di chincaglierie, panni, tele e di ogni maniera di manifatture. Siffatti stabilimenti con tenere attivo il commercio, provvedono alla sussistenza di buon numero di giornalieri, e sono le sorgenti di ricchezza ai proprietari”.
La raffineria non solo dava lavoro a molti operai del luogo, ma aveva una propria piccola flotta per il trasporto di alcune materie prime, capace di coinvolgere 24 famiglie di marinai locali. La flottiglia era formata da due barconi utilizzati per il continuo trasporto della legna dalla Dalmazia, per alimentare le caldaie dell’opificio, e da tre bracciere, barche adatte al carico o allo scarico delle merci. All’attività marinara, concentrata soprattutto sui commerci, a differenza della vicina San Benedetto prevalentemente peschereccia, verrà meno quella forza imprenditrice che aveva caratterizzato la prima parte del secolo e che tanto aveva contribuito alla sua crescita, soprattutto dopo la chiusura della raffineria di zuccheri avvenuta nel 1858.
Ma il colpo decisivo, quello che la condurrà verso una morte certa, inizierà alcuni anni dopo, nel 1863, quando fu attivata la linea ferroviaria; il treno, questa nuova macchina più sicura e veloce, si rivelerà anche un imbattibile mezzo per il trasporto delle merci: “Lungo la marina trovansi molti magazzini di depositi per le derrate che quivi trasportano le vicine popolazioni per essere poi spedite ai principali porti dell’Adriatico, per il che in questa spiaggia accadono frequenti arrivi di barche mercantili, attualmente però divenuti alquanto più rari in seguito all’attivazione della ferrovia”.
L’Amministrazione Comunale di Grottammare non restò insensibile al problema, al contrario tentò di fare la cosa migliore: costruire un vero porto. Nel 1865, grazie all’interessamento del cittadino Giuseppe Speranza, il Municipio incaricò l’ingegner Ulisse Guarducci di progettare un porto rifugio per battelli di piccolo e medio cabotaggio, capace di dare ricovero a circa 250 barche. Tale porto doveva essere costruito nei pressi dell’antico molo del porto medievale.
Questo progetto bussò alla porta del Ministero dei LL. PP. per circa un cinquantennio, poi fu definitivamente accantonato nel 1920. Con l’avvento del Novecento assistiamo all’ultima fase del commercio marittimo grottese; sino alla vigilia della Grande Guerra, abbiamo ancora un non trascurabile movimento portuale con un sufficiente import-export, costituito soprattutto da ortaggi, frutta, legumi e legname;
le merci esportate erano destinate soprattutto a porti istriani come Fiume. Sebbene ancora alcuni battelli da carico approdassero a Grottammare sino alla fine degli anni ’30, la bocciatura del progetto sopra ricordato e la costruzione del porto di San Benedetto del Tronto iniziata ai primi del secolo, sancì la fine della marineria grottese, che da circa mille anni aveva fatto nei commerci marittimi una delle sue fonti primarie di sussistenza.
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