I MISTERI DELLA “SACRA” di Grottammare (Quarta parte)

 

I MISTERI DELLA “SACRA” di Grottammare

(Quarta ed ultima parte)

Di Carlo Gentili

 

IL CAVALIERE. Ma la storia è strana e tra le pieghe della sua lettura, a volte emergono indirette  testimonianze significative e basilari. Ci viene in soccorso la preziosissima dichiarazione di un cavaliere dell’esercito romano nativo di Camerino che proprio in quel 127 d.C.  si gloria di aver ospitato l’imperatore nella propria casa. Quindi, il cerchio sembra chiuso definitivamente: un ignoto cavaliere dell’esercito romano con la sua testimonianza  ci segnala che  l’imperatore è  presente in Italia e precisamente nel Piceno  proprio nell’anno del restauro e dell’inaugurazione del tempio della Dea, immortalato nella lapide adrianea.

 

RIASSUMENDO. In realtà, credo di poter affermare che  nel “Caso” della Sacra di Grottammare ci troviamo dinnanzi alla  “cristianizzazione” di due eventi specifici e ben definiti, che la vulgata ufficiale è riuscita a nascondere o almeno a  non riconoscerne i segni  fino ai giorni nostri, ovvero fino alla pubblicazione di questo piccolo studio.



Da un lato la supposta presenza di papa Alessandro III a Grottammare   andrebbe a sostituire quella dell’imperatore  Adriano, giunto probabilmente via mare con grande enfasi popolare per inaugurare nel 127 d.C. il restauro del tempio fatiscente della dea Cupra, da lui stesso finanziato.  Non risulta così irragionevole ipotizzare, infatti,  una sorta di traslazione del termine  imperiale “Pontif. Max” scolpito sulla lapide adrianea  con quello di “Pontefice”, utilizzato nel cristianesimo per indicare la figura del papa.

 

Dall’altro, la frase sibillina  “..tante indulgenze quanti i granelli di sabbia contenuti nel camauro che viene surrettiziamente  attribuita al papa, in realtà apre un retaggio  ben piu’ ingombrante, che affonda nel paganeggiante culto della Sibilla-Dea Cupra adorata dai piceni:  il gesto attribuito al papa, infatti, non è altro che l’aggancio manifesto  con il  racconto mitologico della Sibilla cumana che chiede ad Apollo tanti anni di vita, quanti i granelli di sabbia nella manciata della sua mano.

 


IN CONCLUSIONE…

Credo si possa affermare che la figura del papa Alessandro III  sia completamente estranea ai fatti legati alla “Sacra” e  rappresenti solamente un tramite, una figura-ponte che ci riconnette con il mondo paganeggiante pre-cristiano.

Infatti, a raggiungere Grottammare tra ali festanti di folla non sarebbe stato il papa, ma  lo stesso imperatore Adriano nel 127 d.C. in occasione del restauro del tempio della dea Cupra da lui stesso finanziato.

Il termine “PONTIF. MAX” riportato a caratteri cubitali nella lapide murata nella chiesa di  San Martino rappresenta la firma imperiale quale finale suggello definitivo,  disvelando l’ambiguo aggancio che si è consumato per oltre 800 anni con il termine “pontefice” legato al papa  cristiano. 



Inoltre, al “papa-fantasma” ovvero al papa Alessandro III è stata surrettiziamente attribuita una frase sibillina presente nella mitologia greca: la richiesta da parte della Sibilla Cumana di tanti anni da poter vivere quanti i granelli di sabbia contenuti nel palmo della sua mano. Anche se nell’affermazione attribuita al papa si parla di “tante indulgenze quanti i granelli di sabbia contenuti nel camauro”, la similitudine con il mondo mitologico è lampante.

Così come è lampante, la memoria  che   riaggancia  ulteriormente il luogo  alla figura della Sibilla/dea Cupra/ Grande Madre contribuendo, insieme ad altre innumerevoli prove, alla connessione definitiva  del tempio di San Martino con il tempio primario dei piceni dedicato alla dea Cupra.


La frase sibillina, infatti, urla innegabilmente dal passato  la fiera appartenenza del luogo ai culti arcaici pre-cristiani. La devozione paganeggiante era talmente presente  nel luogo di Grottammare che la Chiesa ha ritenuto di dover traslare la mitologica affermazione sibillina  attribuendola al papa venuto dal mare.

E’ quest’ultima, la definitiva prova che il tempio della dea doveva sorgere  proprio a Grottammare. Infatti,  appropriandosi di una affermazione mitologia che rimanda al mondo delle Sibille e cristianizzandone il messaggio, la Chiesa del 1177 , probabilmente tramite i monaci esistenti nel Monastero di San Martino, suggella definitivamente  ed   inequivocabilmente l’aggancio del territorio grottammarese con il tempio primario della Sibilla/ Dea Cupra/Grande Madre.

In alcune occasioni la storia nasconde dei segni, in altre li oscura, li dimentica o li misconosce: a noi il compito di riannodare i fili con  il fresco sguardo di giovani inesperti,   esploratori entusiasti di strade mai percorse.

Con questo breve studio, Grottammare si riappropria di una storia oscurata  per millenni;  il personaggio che giunge dal mare tra ali di folla festante non è   papa Alessandro III nel 1185, ma l’imperatore Adriano  in persona che suggella definitivamente il restauro e con esso la definitiva ubicazione del tempio primario dei piceni, il tempio della dea Cupra. Ciò non esclude l’esistenza di altri templi dedicati alla dea sul litorale tra Grottammare e Cupra Marittima , infatti Plinio ci parla di “Altaria Cuprae”, usando un termine al plurale.

Inoltre, la frase  relativa ai granelli di sabbia raccolti in terra,   riconnette la memoria del luogo ancora piu’ indietro nei secoli, fino al mito narratoci da Ovidio  in cui il dio Apollo dona alla Sibilla  cumana tanti anni da vivere quanti i granelli contenuti nella sua mano.

cg

 

 

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