Le Necropoli picene di San Paterniano e di Sant’Andrea rispettivamente nei territori di Grottammare e Cupra Marittima
Di Carminio Spinucci
Il Soprintendente ai Musei e Scavi di Antichità delle Marche e degli Abruzzi Innocenzo Dall’Osso, a partire dal 1911, si occupò di scavi archeologici nelle nostre zone in quelle che lui stesso definì “Necropoli dei Cuprenses”.È necessario chiarire che con tale termine l’archeologo non intendeva solo quegli scavi di tombe svolti a Cupra Marittima (come oggi credono alcuni) ma tutti quegli scavi compiuti tra il 1911 e il 1914 in diversi territori e precisamente a Grottammare, Cupra Marittima, Ripatransone, Massignano e Montefiore dell’Aso.
Possiamo riepilogare le varie campagne di scavi e il numero delle tombe rinvenute in ognuna di esse nel sottostante prospetto: 1° Campagna: agosto-ottobre 1911, scavi a Grottammare e Cupra Marittima (178 tombe);
2° Campagna: settembre-dicembre 1912, scavi a Cupra Marittima (11 tombe) e Ripatransone (31 tombe);
3° Campagna: aprile 1914, scavi a Montefiore dell’Aso e Massignano (20 tombe).
E’ doveroso ricordare che tali campagne di scavi furono ideate e volute dall’allora On. Avv. Alceo Speranza (1878 - 1945) di Grottammare, all’epoca Ispettore Onorario degli scavi (come lo fu in precedenza suo padre Giuseppe), oggi non solo dai più dimenticato ma in passato anche accusato da alcuni pessimi autori di storia locale di essere stato un volgare tombarolo.
Ricordiamo ancora che tali scavi furono possibili grazie a finanziamenti ottenuti dal Ministero su pressanti richieste dello stesso Alceo.
Leggiamo cosa scrisse di lui il Dott. Giuseppe Carletti Giampieri, socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria delle Marche nel 1931: “Alla riuscita di tali scavi contribuì, come si è detto, efficacemente l’impulso dato da Giuseppe Speranza coi suoi studi e da suo figlio Alceo, che nella sua qualità di Ispettore onorario, cooperò personalmente alle esplorazioni praticate dal prof. Dall’Osso, ma soprattutto con l’ottenere mercè la sua benemerita influenza presso il Ministero della P.I. i necessari fondi adeguati al compimento delle varie imprese”.
Le due contrade di San Paterniano e Sant'Andrea sono separate dal fosso dell’Acquarossa, una insiste a sud in territorio di Grottammare, l’altra a nord in territorio di Cupra Marittima.
Le necropoli delle due contrade, scavate sotto la direzione del Dall’Osso nel 1911, e che restituirono un considerevole quantitativo di reperti piceni recuperato in 178 tombe (di cui 75 rinvenute in quella di San Paterniano), ebbero propri insediamenti organizzati in villaggi di capanne “vici” e quindi un’organizzazione prettamente tribale:
“Le colline intorno a Grottammare sono il centro dell’abitato dei Cuprenses come si rileva anche dall’esistenza presso l’antica chiesa di San Martino dell’antico tempio della Dea Cupra... Come hanno dimostrato gli scavi, l’antico abitato cuprense prima della fondazione della città romana (Cuprae Urbs) era suddiviso in parecchi vici, impiantati sulla cima dei colli. Parte di questi villaggi colle relative necropoli vennero già esplorati con diverse campagne di scavo, specialmente nella zona montuosa fra Grottammare e Cupramarittima”, così il Dall’Osso in una sua comunicazione al Ministero.
Gli scavi a San Paterniano, che riportarono alla luce ben 72 tombe più 3 non numerate, cominciarono il 10 agosto del 1911 inizialmente sotto la direzione dell’architetto Arnolfo Bizzarri, inviato nella Soprintendenza di Ancona e quindi a Grottammare in qualità di sovrastante dal Ministero della Pubblica Istruzione, su richiesta dello stesso Alceo Speranza come si rileva da una sua lettera inviata a Roma al direttore generale del Ministero Corrado Ricci nell’ottobre del 1910.
Ricordiamo che i terreni dove avvennero gli scavi oltre ad essere nominati con il nome del proprietario furono siglati dagli archeologi con una lettera dell’alfabeto.
Il Bizzarri operò dal 10 al 26 agosto rinvenendo 29 tombe situate nella cosiddetta zona “A” Husson (dalla tomba n. 1 alla tomba n. 29;
Nel quaderno autografo del Bizzarri ci sono diversi schizzi a matita dei reperti rinvenuti).
Successivamente gli scavi vennero affidati al sovrastante archeologo Ignazio Messina che condusse i lavori dal 28 agosto al 29 ottobre 1911 giorno in cui terminarono le ricerche a San Paterniano. In questa seconda fase il Messina avviò gli scavi contemporaneamente in tutte le tre zone di San Paterniano (Husson, Santori, Eleuteri/Lauteri) estendendole anche nelle zone della contrada Sant’Andrea di Cupra Marittima (Marchetti, Palmaroli, Marconi, Bruti).
Nella necropoli di San Paterniano si identificarono: 27 adulti (12 scheletri di uomo e 15 di donna), 11 bambini e/o giovanetti; in 35 tombe non sono stati riconosciuti i sessi o non vi si rinvennero resti umani, in quest’ultimo caso probabilmente per profanazioni, eccessivo disfacimento o sconvolgimenti del terreno dovuti a precedenti lavori agricoli. In numerose tombe si rinvenne un ingente quantitativo di reperti piceni costituito da vasellame in terracotta e ceramica, oggetti ornamentali in bronzo, ferro, ambra e vetro, armi in ferro e bronzo; tra le più ricche segnaliamo le nn. 2, 3, 4, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16, 17, 20, 21, 22, 23, 25, 28, 30, 32, 35, 36, 37, 38, 42, 43, 46, della zona “A” Husson; la n. 2 e la n. 7 della zona “A1” Husson; la n. 1 e la n. 2 della zona “D” Eleuteri; le nn. 3, 4, 5, 6 della zona “E” Santori.
In parecchie altre fosse si recuperò solo parte del materiale perché sicuramente profanate da scavi clandestini anteriori. Alcuni importanti reperti rinvenuti furono donati a musei italiani e precisamente: quelli delle tombe n. 4 e n. 32 della zona “A” Husson furono spediti al Museo Archeologico di Firenze; quelli delle tombe n. 13, 42, 43 sempre della zona “A” Husson e quelli della n. 2 della zona “D” Eleuteri furono invece spediti al Museo Etnografico di Roma di Luigi Pigorini. La tomba n. 46 della zona “A” Husson, una delle più ricche ed interessanti di tutti gli scavi cuprensi per il materiale recuperato e di cui poi parleremo ampiamente, fu estratta integralmente dal terreno con i resti umani e tutti i suoi reperti, incassata e spedita al Museo Archeologico di Ancona.
Confrontando i reperti rinvenuti nella necropoli di Sant’Andrea a Cupramarittima – databili tra l’VIII e il VII secolo a.C. – con quelli di San Paterniano, si evince che questi ultimi apparterrebbero ad un periodo meno arcaico della civiltà picena, collocabile tra il VI e il V secolo a.C. databili alle fasi Piceno IV A ( 580-520 a.C.) e Piceno IV B ( 520-470 a. C.). Di tutta la campagna di scavi condotta nelle due località, sembra proprio che le tombe scoperte a San Paterniano fossero le più interessanti per qualità e abbondanza di oggetti, leggiamo il Dall’Osso in proposito:
“Il gruppo più arcaico è quello proveniente dal colle di Sant’Andrea, riconosciuto non solo per la presenza di stoviglie d’impasto assai rozzo e primitivo, alcune delle quali con tratteggi a graffito e con manici in gran parte cornuti… Alquanto meno arcaico è il gruppo delle tombe rinvenuto a S. Paterniano il quale non dovrebbe rimontare al di là del VI o tutt’al più alla fine del VII sec. a.C. per la presenza di vasi greci d’importazione di tipo geometrico protocorinzio e corinzio arcaico, nonché da alcuni crateri messapici con orli imbutiformi ed anse ad orecchie feline, che dai competenti di ceramiche pugliesi vengono classificati al V ed anche al IV sec. a.C. A quest’ultimo gruppo appartengono i bei corredi di tombe maschili e femminili, alcuni veramente sfarzosi per copia e ricchezza di oggetti di materie svariate, cioè di bronzo, di ferro, di avorio, di vetro, di ambra. La tomba più interessante e sfarzosa di tutte le Necropoli dei Cuprenses (di Grottammare, Cupra Marittima, Ripatransone, Massignano e Montefiore dell’Aso) fu la n. 46 scoperta nel fondo “A” Husson di Grottammare. La tomba apparteneva ad una donna il cui scheletro, mal conservato, era lungo m. 1,48. Tutto il corpo (ciò che rimaneva di lei) era ricoperto da oggetti ornamentali: orecchini di ambra, torques a tortiglione, pendagli di bronzo, di vetro e di ambra, anelli digitali in bronzo a saltaleone sulle falangi, fibule in bronzo tra cui una grande a forma di navicella, un pettorale con catenelle in bronzo terminante in pendagli a figurine asessuali. Presso i piedi della defunta erano collocati diversi vasi di bucchero, un’olla sferica e una ciotola con anse a protome equine. La caratteristica principale di questa donna era quella di essere ricoperta dal collo alle tibie da numerosi acini di pasta vitrea che molto probabilmente ornavano la veste indossata, dissoltasi nei secoli. Questa particolarità della veste – rara in tutte le necropoli cuprensi – ha fatto ritenere che fosse una figura importante se non addirittura un’aristocratica di alto rango, tanto che alcuni studiosi del nostro tempo, pur in maniera arbitraria, l’hanno denominata la “Regina di Cupra”.
Come già detto, la tomba n. 46 fu estratta integralmente dal terreno con i resti umani e tutti i suoi reperti, incassata e spedita al Museo Archeologico di Ancona, unica fra tutte quelle rinvenute nelle Necropoli dei Cuprenses. Leggiamo cosa scrisse un giornalista dell’epoca a proposito di questa tomba visitando il Museo Archeologico di Ancona: “… ciò che ha maggiormente attratta la mia attenzione sono le due tombe conservate intatte entro urne di vetro. In una si osserva lo scheletro avvolto, pare, da una fasciatura di bende, al pari di mummie egiziane, e tutto coperto da cima a fondo da una serie di collanine ad acini di bronzo, di pasta vitrea, di ambra, e di una formata da dodici idoletti asessuali schematici. La superficie dello scheletro è tempestata di fibule e dei soliti pendagli a bulle, nuclei di ambre, ecc. Ai piedi sono agglomerati alcuni vasi d'impasto nero tra cui una splendida patera ombelicata”. Purtroppo nel 1943 un bombardamento alleato che colpì il Museo Archeologico ridusse in pezzi la tomba facendo disperdere i preziosi oggetti – come del resto avvenne per la maggior parte dei reperti provenienti dalle necropoli cuprensi – oggi della “Regina dei Cuprensi” rinvenuta a San Paterniano di Grottammare non rimane che qualche pendaglio e le due splendide e rare foto.
Sovrapposta a questa tomba vi era una sepoltura di una bambina (n. 45) nella quale vi si rinvenne un ricco corredo ornamentale: un torques in bronzo con anelli infilati, un gruppo di pendagli a doppia spirale simili ad occhiali pure in bronzo, un gruppo di pendagli in ambra, un gruppo di fibule in bronzo, una ciprea marina e una zanna di gambero. Particolarmente notevole fu la tomba n. 37 “A” Husson (vedi foto) appartenuta ad un uomo; nella fossa, lunga ben m 3,20 vi si rinvennero i frammenti di un carro da guerra (biga italica di tipo greco): un cerchione in ferro, delle lamine in ferro per rivestimento del mozzo e forcella in bronzo; i resti dell’uomo vi giacevano sotto. Essendo stato l’unico carro ritrovato in tutte le necropoli cuprensi (di Grottammare e Cupra Marittima) l’uomo venne soprannominato il “principe guerriero”, poiché tale mezzo ne delineava sicuramente lo “status sociale” del tempo. Altri oggetti esclusivi di tutte le necropoli cuprensi, perché ritrovati solo in questa tomba, sono 6 ciste in bronzo di cui 5 lavorate a sbalzo con decorazioni stilizzate di cervi e cavalli e 6 kantaros biansati a impasto scuro. L’armamento rinvenuto comprendeva: spada, coltello, 3 lance, sauroter, ascia, spiedi, mazza e un elmo in bronzo a calotta sferica. Ugualmente interessanti, perché quasi simili alla precedente tomba della Regina, furono le tombe n. 7 e n. 10 (vedi foto) zona “A” Husson, sempre appartenute a donne. In entrambe vi si rinvennero parecchi oggetti ornamentali in bronzo e ambra, vasellame, e numerosi piccoli anelli di osso e pasta vitrea che molto probabilmente decoravano le vesti, di cui si rinvennero dei frammenti nerastri. Le tombe restituirono inoltre due notevoli crateri messapici in terracotta giallastri a decorazioni geometriche: quello della n. 7 a fasce nere con piccole stelle e puntini, quello della n. 10 decorato a zone dipinte in rosso scuro e bruno con quattro anse due delle quali a orecchie di gatto.
In quest’ultima tomba si rinvennero anche tre oinochoe in bucchero e uno a fasce rosse, ciotole con anse a protome equina, un pomo in bronzo sagomato, un’armilla in bronzo a sei nodi. Secondo me la cosa più interessante della tomba n. 10 è il pomo in bronzo sagomato. Potrebbe essere stato la parte superiore di uno scettro. In Italia sono rarissimi gli scettri trovati nei corredi tombali italici ed etruschi.
Gli scettri sono il simbolo del potere politico e religioso che il defunto incarnava durante la sua vita. Lo scettro era formato da un'asta di legno e il pomo in bronzo. Forse la vera Regina dei cuprensi era questa donna della tomba n. 10 scavata in contrada San Paterniano a Grottammare.
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